È stato lo spazio per me!

È una cosa che ho percepito da subito. Lo spazio. Per me, per la mia espressione ho avvertito che ce n’era a sufficienza per non curarmi della forma, del modo, dell’autocensura che tende a manifestarsi quando si percepiscono i limiti, le barricate, i tabù.

Davide Casati è riuscito sempre a concedere vastissime praterie in cui giocare con le parole, con le definizioni di me stesso, con le contraddizioni, le incongruenze, accogliendo tutto (come fa un artista per ogni intuizione), come parti dello stesso quadro.

Niente da buttare, niente da modificare, tutto da illuminare e chiarire.

C’è sempre stato tempo per la luce, non solo per le zone d’ombra. Mi sono sentito condotto e mai spinto, mai tirato.

Un meraviglioso palco pieno di luci e specchi, e nel fondo, illuminato appena da una abat-jour, un regista attento di cui si ode il sussurro, che pare venire più da dentro che da fuori di sé stessi.